Mi è successo durante un reportage. Arriviamo col regista sul posto e ovviamente piove a dirotto. Per ovvi motivi di sicurezza non è possibile mettere alcun faro, nessuna lampadina e nemmeno bruciare un copertone per vederci un po’ di più. Di alzare gli iso non se ne parla, già sono al massimo e quanto a rumore sembra di fotografare la via lattea, con tanti allegri puntoni quadrati ad allietare la cattiva qualità della mia immagine. Se non fosse che piove e sono già zuppo, mi coricherei in terra ad aspettare un camion che attraversa la piazza, mettendo fine alle mie sofferenze.
A questo punto perdo ogni speranza e decido di scattare con un metodo infallibile, quando non sai che fare: alla cazzo di cane.
Mi occupo solo di studiare l’inquadratura, qualcosa verrà fuori.
Dopo un buon quarto d’ora di nulla, mi abituo alla situazione e comincia ad uscire qualcosa. Certo guardandole, già penso al tipo dell’agenzia che mi dice ” beh, ma non si capisce un cazzo”, però a questo punto mi viene in mente cosa mi diceva Gino Ferri di Grazia Neri: “Piuttosto che non scattare nulla, fotografati i piedi, anche sfocati.” Più o meno siamo lì.
Non riesco ad avere una immagine a fuoco, nemmeno a pagarla. Per di più ‘sti tizi non stanno fermi un secondo.
Poi si prende il ritmo, vai dove va il movimento, intuisci ( perchè nella realtà non vedi quasi nulla) cosa sta succedendo. E’ come se si prendesse l’onda, non è che la vedi proprio arrivare, ma capisci da una sensazione che l’acqua si sta muovendo,che arriva il vento. E cominci a muoverti.
Consigli generali per una sessione di fotografia alla CdC:
– lascia perdere tutte le nozioni tecniche. Iso, diaframmi e tempi di scatto perdono ogni importanza quando non c’è nulla di fisso. Trova un effetto che ti piace e mantieni quella impostazione.
– concentrati su quello che vedi anche senza guardare dentro l’oculare della reflex. E’ più semplice lavorare ad occhio nudo.
– scatta come se non ci fosse un domani. Poco didattico, ma in questi casi funziona la legge dei grandi numeri.